Latticini e formaggi sono due categorie completamente differenti da un punto di vista chimico e quindi nutrizionale, ma purtroppo troppo spesso vengono confuse e ignorate nelle loro fondamentali differenze.
Partiamo dai formaggi, definiti dal legislatore nel seguente modo (Art. 32, del R.D.L. 15/10/25): “Il nome di formaggio o cacio è destinato al prodotto che si ricava dal latte intero, ovvero parzialmente o totalmente scremato, oppure dalla crema, in seguito a coagulazione acida o presamica, anche facendo uso di fermenti e di sale da cucina”.
I latticini invece sono derivati del latte, non subiscono quindi la coagulazione della caseina (ovvero la principale proteina presente nel latte fresco) ma diversi processi di lavorazione; rappresentati di questa classe sono la ricotta, il burro, la panna e lo yogurt.
La ricotta ad esempio non viene ottenuta dalla coagulazione della caseina, ma dalle proteine del siero di latte, cioè della parte liquida che si separa dalla cagliata durante la caseificazione. Questo la rede altamente digeribile e tollerabile anche a chi manifesta intolleranze nei confronti della caseina stessa.
Lo yogurt, un derivato del latte, viene preparato grazie all’inoculo con fermenti lattici, i quali a seguito di un processo fermentativo trasformeranno il lattosio in acido lattico, rendendo lo yogurt un latticino spesso tollerato anche da chi manifesta una lieve intolleranza al lattosio.
La domanda che negli ultimi anni ci si pone, è se i latticini facciano bene o male, soprattutto in relazione alla formazione di malattie tumorali.
Sarebbe bello dare una risposta definitiva, ma questo purtroppo ad oggi non è possibile, in quanto al momento come sostenuto dalla dott.ssa Johanna Lampe sul Journal of American College of Nutrition, docente di epidemiologia all’Università di Washington, esistono poche ricerche a riguardo, ed il più delle volte supportate da dati incoerenti.
Il ruolo del latte e dei formaggi nella cancerogenesi è molto controverso. A fronte di una chiara associazione negativa con i tumori dell’intestino, verosimilmente mediata dal consumo di calcio, c’è il sospetto che il latte sia associato ai tumori dell’ovaio e che una dieta molto ricca di calcio favorisca i tumori della prostata (forse perché riduce la sintesi endogena di Vit D) (La prevenzione alimentare dei tumori, Franco Berrino, Dipartimento di Medicina Preventiva e Predittiva,Istituto Nazionale Tumori, Milano)
Uno studio pubblicato invece sul Journal of the National Cancer Institute e riportato sul sito dalla Fondazione Veronesi ha evidenziato un rischio più alto di incorrere in una recidiva, tra le consumatrici più assidue di latte. La causa andrebbe riconosciuta negli elevati livelli di estrogeni che si misurano nel grasso animale. «Il consumo dell’alimento ricco di ormoni accresce la penetranza dei geni Brca, oncosoppressori che risultano mutati nel carcinoma della mammella. Inoltre il latte aumenta i fattori di crescita nel sangue: diversi studi hanno dimostrato che l’IGF-1 risulta più alto nelle donne ammalate».
Credo che la soluzione a fronte di queste controverse informazioni, vada colta nella saggezza degli antichi
Paracelo diceva:
“Omnia venenum sunt: nec sine veneno quicquam existit. Dosis sola facit, ut venenum non fit.”
“Tutto è veleno e nulla esiste senza veleno. Solo la dose fa in modo che il veleno non faccia effetto.
Considerando poi le differenze bromatologiche tra formaggi, latte e latticini, concluderei consigliando il consumo dei formaggi freschi ad 1 sola volta a settimana. Ridurrei quasi completamente quelli stagionati che sostituirei con l’introduzione di latticini quali lo yogurt e la ricotta.
Per gli appassionati del latte, consiglierei comunque di ridurre questo alimento a 3 volte a settimana, introducendo gli altri giorni un latte di origine vegetale, magari preparato direttamente a casa da voi.
Molteplici sono i tipi di latte vegetale :
Dott.sa Elena Nicoli
Consigliato dalla Nutrizionista
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